Tutto nasce da un “errore burocratico”, ormai riconosciuto da tutti, con cui la Regione ha tolto il “diritto alla cura” ai disabili con gravi malattie congenite neurologiche psichiche e sensoriali. A causa di questo errore questi malati, nonostante abbiano bisogno di cure e assistenza qualificate, verrebbero mandati in strutture inadatte, come le RSA, dove sarebbero condannati a peggiorare e aggravarsi. Però proprio da questo errore è scaturito una specie di miracolo: una straordinaria mobilitazione che ha portato ad una proposta di legge di iniziativa popolare (la prima da 13 anni a questa parte ) per il diritto alla cura di queste persone. Una proposta firmata da 12 mila cittadini e su cui sembra esserci il consenso politico della Regione, a partire dalla Commissione sanità. Il percorso di approvazione è quindi avviato e domani si terrà, nel merito, il Tavolo tecnico, un passo avanti decisivo.
Ne parliamo con Paolo Colombo che è avvocato, docente per università e master, relatore in numerosi convegni, consulente ed esperto giuridico del difensore civico della Regione Campania e dell'Associazione nazionale dei difensori civici e tanto altro. Ma soprattutto è il Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania, un punto di riferimento per tutto ciò che riguarda la tutela dei disabili. Tra i suoi compiti c’è anche quello di garantire “piena accessibilità dei servizi e delle prestazioni per la prevenzione, cura e riabilitazione delle minorazioni”. Recentemente, nel rapporto al Consiglio regionale sulle attività svolte, l’avvocato Colombo ha detto: “La burocrazia fa sì che la Campania non sia una Regione per persone con disabilità”.
Avvocato, con quella frase ha messo il dito in una piaga storica. La burocrazia pone cavilli e numeri al di sopra delle persone, in questo caso delle persone più fragili. E’ così?
Assolutamente sì. Purtroppo la burocrazia rappresenta, spesso, un ostacolo all’esercizio dei diritti e non soltanto per i soggetti fragili. Evidentemente, in ragione delle complessità, l’accesso ai servizi diviene difficile e le persone con disabilità in particolare non si trovano nella condizione di poter interagire con le amministrazioni competenti in eguali condizioni.
È interessante che questa legge, che riguarda i più fragili tra i fragili, sia stata promossa da tantissime forze civile e sociali. Associazioni come Cittadinanzattiva, sindacati dei lavoratori, associazioni di famiglie, medici, operatori, cittadini comuni. E molti giuristi. Uno di questi, il professor D’Alessandro, ha detto che la legge “rappresenta l’attuazione del diritto alla cura sancito dalla Costituzione”. Lo condivide?
Certamente. La legge muove nella direzione di garantire attuazione sostanziale del diritto alla cura sancito dalla Costituzione, quale diritto soggettivo per il quale lo Stato impegna energie, forze economiche e strutture al fine di garantirlo a tutti i cittadini, nel segno dell’uguaglianza sostanziale di cui al comma 3 della Costituzione. Tuttavia, il problema collegato alle complessità di accesso ai servizi, cure, problemi burocratici, tradisce il programma costituzionale in materia di diritto alla salute.
Spesso i diritti dei disabili vengono negati perché, si dice, non ci sono i soldi. A parte il fatto morale di risparmiare sui più deboli, molti sostengono che questo non sia vero e che basterebbe spostare le risorse dove c’è più bisogno. Nel caso della legge di iniziativa popolare ad esempio è stato stimato che avrebbe un costo di soli 5 milioni su un budget della sanità regionale di 11 miliardi. Insomma il problema sono i soldi o, come diceva lei, la burocrazia?
Credo che, talvolta, vi siano difficoltà di più vasta portata e ordine, rilevanti su diversi piani d’interesse. Faccio riferimento sia allo stanziamento fondi relativo agli indirizzi politici da perseguire, le scelte politiche e le misure adottate sulla base di valutazioni di carattere propriamente politico, che variano storicamente in base all’indirizzo di governo.
Allo stesso tempo, certamente le difficoltà burocratiche fanno da sponda amplificando le difficoltà già esistenti.
Se questa legge, come sembra, verrà approvata dal Consiglio regionale, è stato detto che porrà la Campania all’avanguardia anche sul piano nazionale. E’ così?
Credo di sì. La legge di iniziativa popolare in questione rappresenterebbe uno strumento “precursore”, che potrebbe elevarsi a modello di riferimento per le altre regioni. Credo che la vera battaglia passi proprio attraverso la capacità di pensare la propria Regione a misura delle persone con disabilità, al fine di favorire su scala nazionale politiche in materia di tutela dei soggetti fragili, consentendo a questi ultimi di poter vivere dignitosamente ed esercitare liberamente e democraticamente i propri diritti.
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