Marina Billwiller è una figura poliedrica e di grande profondità intellettuale, capace di spaziare con maestria dall’arte della parola alla scienza della mente. Nata a Napoli nel 1983, ha forgiato il suo percorso formativo con la maturità classica e una laurea in Giurisprudenza, per poi incamminarsi lungo una strada professionale caratterizzata da una costante ricerca di crescita e di conoscenza. Ho avuto il privilegio di conoscere Marina e di collaborare con lei in ambito cinematografico, dove la sua sensibilità artistica e la sua padronanza della comunicazione hanno lasciato un segno indelebile. Attrice, insegnante di dizione, Coach certificato e Master Practitioner in PNL, Marina ha saputo integrare queste diverse esperienze in un approccio unico e innovativo alla formazione personale e collettiva. Ora, con la laurea in Psicologia all’orizzonte e il suo recente libro Non date a Cesare quello che è vostro pubblicato da Cuzzolin Editore, Marina si conferma una voce autorevole nel panorama contemporaneo, capace di ispirare e guidare chiunque sia alla ricerca del proprio vero sé.
Marina, il tuo percorso è straordinariamente variegato e ricco di esperienze diverse. Dalla recitazione alla comunicazione, fino alla tua attuale attività come coach e futura psicologa. Qual è stata la motivazione che ti ha spinto a esplorare queste strade e a integrarle nel tuo lavoro?
La mia spinta principale è sempre stata la curiosità, unita a un bisogno profondo di comprendere me stessa e il mondo che mi circonda. Ho cercato esperienze che potessero arricchirmi e farmi crescere, mettendomi continuamente in discussione e imparando ad ascoltare la mia voce interiore. Ogni esperienza, vissuta con consapevolezza, ha contribuito a formare il puzzle della mia vita. Ho avuto il coraggio di rimettermi in gioco ogni volta che ho sentito il bisogno di realizzare qualcosa di diverso. Ogni nuova avventura mi ha fornito strumenti e prospettive che ora posso integrare nel mio lavoro come coach e psicologa. Sono sempre più convinta che ogni scelta, anche quelle inizialmente lontane dal nostro obiettivo, sia stata fondamentale per superare gli ostacoli. Oggi, guardando indietro, vedo come tutte le esperienze si intrecciano e contribuiscono a un'unica grande visione professionale.
Il tuo libro "Non date a Cesare quello che è vostro" sembra affrontare temi molto attuali legati all’autostima e all’amor proprio. Cosa ti ha ispirato nella stesura di questo testo e quale riflessione vorresti lasciare ai tuoi lettori?
La scrittura è sempre l’espressione di ciò che vivi, sia nel lavoro che nella vita personale. Ho scelto di scrivere su autostima e amor proprio perché, in passato, ho faticato a rispettare me stessa in questi aspetti. Affrontare e superare queste difficoltà non è stato semplice. Credo fermamente che condividere la mia storia possa ispirare altri a riconoscere e affrontare le proprie fragilità. La riflessione che desidero trasmettere è che momenti di crisi e difficoltà nella gestione delle emozioni non sono una condanna, ma possono diventare un trampolino di lancio verso la scoperta dell'amore per sé. Questo amore, a sua volta, apre le porte all'amore per gli altri, specialmente per coloro che sono disposti ad abbracciare la versione più sana di noi stessi. Voglio che i lettori comprendano che ogni passo verso l’autenticità e il rispetto di sé è un passo verso una vita più appagante e piena.
Ho avuto il piacere di collaborare con te in ambito cinematografico e so quanto la tua visione artistica sia influenzata dalle tue esperienze in vari campi. In che modo l’arte della recitazione e del cinema ha contribuito alla tua evoluzione come coach e autrice?
Ho avuto la fortuna di iniziare a collaborare con la Billwiller Production, un progetto che ha avuto un'evoluzione significativa grazie al lavoro di mio marito, Marco Gremito. L'arte è per me un mezzo fondamentale di auto-scoperta e di esplorazione delle emozioni, dei limiti e delle risorse personali. Attraverso la recitazione, ho imparato a mettere in scena non solo personaggi, ma anche le mie emozioni, il che ha arricchito il mio approccio al coaching. Le tecniche apprese nel mondo cinematografico mi hanno insegnato a comunicare in modo più empatico e a comprendere le sfide delle persone che assisto. Inoltre, l’esperienza sul set mi ha dato la capacità di gestire le dinamiche di gruppo e di lavorare in team, elementi cruciali nel coaching. Attualmente stiamo esplorando nuovi formati televisivi con Dream Production, e ogni progetto rappresenta un’opportunità per imparare e crescere ulteriormente.
Con la tua imminente laurea in Psicologia, ti stai preparando a integrare ulteriormente la tua pratica professionale. Come pensi che questa nuova formazione influenzerà il tuo approccio al coaching e alla scrittura?
Questa laurea mi darà una maggiore competenza e preparazione, essenziali in un campo che coinvolge gli esseri umani. La psicologia fornisce una base scientifica che arricchisce il mio approccio al coaching, permettendomi di utilizzare strumenti e tecniche validati per supportare i miei clienti. Osservo sempre più spesso una proliferazione di improvvisati guru sui social che dispensano consigli senza alcuna preparazione, e questo mi preoccupa. Ritengo sia fondamentale agire con etica e professionalità, per garantire che le persone ricevano un supporto autentico e competente. La mia scrittura, a sua volta, si arricchirà di concetti psicologici che possono fornire spunti pratici e concreti ai lettori, aiutandoli a capire e affrontare le loro sfide personali.
In un contesto sociale come quello odierno, dove l’odio sui social media è diventato un fenomeno preoccupante, quali strategie suggeriresti per promuovere una comunicazione più empatica e costruttiva?
Gli odiatori sono sempre esistiti, ma oggi hanno una piattaforma per esprimersi. Ritengo che l'indifferenza sia una delle armi più efficaci. Chi odia spesso si nutre delle reazioni altrui, e il silenzio può diventare uno strumento potente. Tuttavia, in situazioni di vera persecuzione, è cruciale rivolgersi alle autorità competenti. È importante educare le persone a riconoscere il valore di una comunicazione empatica, sottolineando che le offese rivolte agli altri riflettono un disagio interiore. Incoraggiare il dialogo aperto e la condivisione delle proprie esperienze può contribuire a creare un ambiente più positivo e inclusivo. Inoltre, promuovere il supporto reciproco nelle comunità online può trasformare l’odio in comprensione e accettazione.
La società moderna sembra attraversare una crisi di identità e relazioni. Quali sono, secondo te, le sfide più urgenti che dobbiamo affrontare e come il tuo lavoro può contribuire a superarle?
La ricerca dell'autenticità è, a mio avviso, la sfida del secolo. La domanda "Chi voglio essere e cosa voglio fare della mia vita?" è cruciale in un’epoca in cui le aspettative sociali possono schiacciarci. È essenziale intraprendere un percorso che ci aiuti a scoprire ciò che realmente desideriamo, piuttosto che conformarci a modelli di vita estranei al nostro essere. Il mio lavoro come coach e futura psicologa mira a supportare le persone in questo viaggio di auto-scoperta. Attraverso percorsi personalizzati, aiuto le persone a esplorare le loro passioni e a definire i loro valori, incoraggiandole a vivere in modo autentico e significativo. Solo così possiamo costruire relazioni genuine e soddisfacenti, basate su una profonda connessione con noi stessi e con gli altri.
Nella presentazione del tuo libro sostieni che la migliore terapeuta è un paziente che ce l’ha fatta. Come ha influenzato questa convinzione il tuo approccio professionale e quali benefici pensi possa portare a chi si affida al tuo aiuto?
Non puoi comprendere un dolore se non l'hai mai vissuto. Come disse Freud, "Il terapeuta deve essere sufficientemente sano, ma deve aver conosciuto la malattia per comprendere quella degli altri." Questa consapevolezza favorisce una relazione di fiducia con i pazienti, che si sentiranno più liberi di aprirsi senza paura di essere giudicati. La mia esperienza personale mi permette di entrare in empatia con le difficoltà altrui, creando un ambiente sicuro in cui i pazienti possono esplorare i loro sentimenti. Questa connessione umana è fondamentale per il successo del percorso terapeutico, poiché la qualità della relazione è spesso premonitrice degli esiti positivi. I pazienti possono così sentirsi compresi e supportati, sapendo che la loro lotta non è sola.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Stai lavorando a un nuovo libro o a iniziative che possano arricchire ulteriormente il tuo contributo al mondo della formazione e della crescita personale?
Attualmente, mi sto preparando per la discussione della mia tesi e per scrivere un nuovo libro sulle relazioni tossiche, sia personali che lavorative, in collaborazione con il Dottor Renato Votta. Questo progetto è particolarmente significativo, poiché affronta un tema molto attuale e spesso trascurato. Inoltre, riprenderò i corsi di coaching e il tirocinio presso l'Istituto Superiore di Studi Freudiani "Jacques Lacan" di Napoli, dove ho la fortuna di lavorare con tutor eccezionali. Questo mi permetterà di approfondire il linguaggio della psicoanalisi, arricchendo così il mio approccio professionale. Per me, la formazione continua è sinonimo di evoluzione e scoperta di sé, un viaggio che non finisce mai.
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